My music is my life.
Premessa: “Sono un partigiano doc, dop, igp, ecc ecc”. Quindi, fermamente affermo con fermezza e semplicemente, che la musica è la cosa più bella che c’è.
Il mio percorso musicale parte da lontano e per caso…non so perchè riesca ancora oggi a ricordarmi quanto sto per scrivere (di quel periodo ricordo chiaramente solo il primo giorno di asilo a 4 anni…uno dei più dolorosi della mia vita) e voglio precisare che non è un’invenzione anche se a me fa ridere e se lo leggessi direi: “è un’invenzione!”. Invece no. Ho memoria di un’eta di circa 5-6 anni in cui ero in macchina e c’era mio padre che aveva trovato in un giornale, rigorosamente in omaggio, una cassetta (negli anni ’80 c’erano le cassette da ascoltare in macchina, i cd, se eri fortunato e ricco, li ascoltavi solo a casa nello stereo) con i più grandi successi della musica italiana, da Celentano a Ranieri, da Manfredi a Marcella Bella…già qua fa ridere, ma è andata proprio cosi..mi rcordo la copertina tristissima e sbiaditissima da tanto sole preso a stare in auto…c’era proprio il succiato Manfredi Nino con la chitarra in mano. Insomma, questa è stata la prima esperienza musicale consapevole…ricordo approssimativamente anche la scaletta, ovvero ricordo le canzoni che mi avevano meglio impressionato e che tutt’oggi canticchio: “Tanto pe’ cantà”, “24mila baci”, “Montagne verdi”, “Perdere l’amore”, “L’italiano”…queste c’erano, e risuanano nelle mie orecchie, chiare, ancora oggi.
Questo è stato il primo passo. Poi è venuto il secondo. Anni 9, negozio di elettronica, che al tempo chiamavamo “negozio di televisioni e radio” (quella era l’elettronica degli ’80s), sempre musicassetta, ma sta volta…”ta-dan!!”..QUEEN, Gretest Hits. L’amore era ora maturo e consapevole, Freddy e Bryan mi hanno letteralmente fatto cadere in depressione da abbandono, stavo attraversando tutte le 7 (o quante caspita sono) fasi della separazione dopo soli 50 minuti di canzoni. Io ero più o meno dove sono adesso, loro erano su di un palco con settemilamiliardi di persone davanti che facevano urlare ugole e corde elettriche…con tutto il rispetto per il Manfredi si intende. Come e perchè mi sia fatto acquistare quell’oggetto di forma scalena con il nastro dentro, non lo so, ma l’insistenza che ancora oggi ricordo aver avuto, mi ha salvato, mi salva e mi salverà la vita tante volte ancora. Perseverare autem diabolicus ma ogni tanto aiuta. Ad ogni modo, eravamo nell’ 89…da lì è stato tutto un divenire in SOL maggiore (il SOL maggiore è il massimo!)…fino all’anno 1992.
Cosa è accaduto in quell’anno?Beh, prima di tutto, come sono passato dal 1986 (a grandi linee) al 1992. In me avevo il germe del Rock n’ roll. Non so se è stato merito di Celentano (che ricordo essere incluso nella playlist di cui sopra) o di non so che, ma sono stato 7 anni in cui la mia playlist (che allora si chiamava, ovviamente, lista/elenco delle canzoni) era composta da: “Rossi Vasco”, “AC/DC”, “Steve Rogers Band”, “Metallica”, “Bon Jovi”, “Queen”…ma soprattutto “Guns n’ Roses”. “Soprattutto” non perchè voglia togliere nulla agli altri (ognuno a modo suo è stato leader di qualcosa di buono), ma perchè sono stati i primi a farmi fare il “salto” dalla musica nazional-popolare italiana nel senso più “sanremese” del termine, a quella musica che poi sarebbe diventata la mia musica, la mia “LifeMusic“. Subito dopo l’esperienza sentimentale freddymercuriana infatti, ho avuto la fortuna, anche questa volta come per la cassetta dei più grandi successi della musica italiana, di avere l’occasione di non perdermi per strada e di farmi deviare da tendenze troppo sanremesi (uso in forma un po’ dispregiativa il festival di casa nostra solo come forma di protesta nei confronti delle varie direzioni artistiche che si sono succedute negli anni -soprattutto gli ultimi- che hanno molto spesso tarpato ali di grandi artisti e promosso ciò che era conveniente, dal punto di vista economico, promuovere…nulla contro gli artisti che, in una modalità o nell’altra, restano artisti e quindi meritevoli di rispetto…il loro non è un “posto fisso”). Avevo infatti, un compagno di banco con un fratello grande, molto più grande di noi (non troppo ovviamente, ma a quel tempo uno grande era uno con il Fifty Top o HF…rosso Ferrari possibilmente). Questo tipo (che non cito per ragioni di privacy), ha iniziato a dirmi che “dovevo” ascoltare quello che aveva da farmi sentire in quanto il fratello diceva che era da veri fighi…e siccome il fratello era troppo uno giusto, io l’ho ascoltato. Come dicevo, tutto è iniziato con i Guns e Appetite for Destruction e ovviamente, Sweet Child O’ Mine (ok, vi perdono se non siete intenditori, ma non mi dilungherò su che cosa significa e comunque internet è pieno di info). Quell’ intro di chitarra -che forse resta ancora oggi uno dei più famosi e ben riusciti- mi ha strappato i sentimenti, a guisa di maciulla li fece sì dolenti, e io mi sentii piccolo, inutile e abbadonato per la seconda volta dopo l’esperienza con Freddy e Bryan. Ecco, il posto che occupano i Guns nella mia vita è più o meno questo. Loro mi hanno fatto capire che la mamma è sempre la mamma e che anche se ti rompe le palle a ripetizione e per te è una vecchia scema quando dice le cose più contrarie alla ragione umana che tu abbia mai sentito, le tue origini vengono sempre da lì e quando ad ogni primo di novembre hai bisogno del tuo November Rain, sai che c’è e in ciò puoi trovare conforto. I Guns mi fecero convincere di ciò che i Queen mi comunicarono la prima volta. Innamorarsi è una cosa seria. E l’amore va coltivato seriamente, altrimenti si rischia di perderlo (come diceva il Ranieri…). Poi ovviamente, dipende se ti interessa averlo…ma questa è un’altra storia [ndr].
Ok, lo so…ho tentato di tirarla un po’ lunga per evitare il discorso del ’92. Ma ora comincio. Tutti abbiamo i nostri momenti di debolezza. Nel 1992, io ebbi il mio. E, mi rincresce dirlo, ancora una volta centra Sanremo. Erano passati pochi anni (era il 1989) quando Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti partecipò a San Remo con il brano “Vasco“. Chitarre distorte e chiome fluenti, facevano da cornice a quel ragazzo che sembrava un rivoluzionario. Irriverente e irrispettoso della tradizione tipica si Sanremo. Insomma, sembrava davvero una rockstar e la musica che lo accompagnava era davvero giusta (in quell’occasione). Mi prese moltissimo quella canzone e la ascoltai a ripetizione (in quegli anni scoprii come registrare su cassetta le canzoni della che passavano in radio…). Non mi sentivo poi così diverso da quandoa scoltavo Freddy, Jon,o Axel…insomma il sound spaccava abbastanza. Ovviamente già a quel tempo mi rendevo inconsciamente conto che vi erano differenze e per questo propendevo sempre per i miei idoli del rock anglo-americano, ma insomma, come detto, spaccava anche il Jovanotti nazionale. Arriviamo veramente al ’92. Nel ’92 Jovanotti pubblica “Lorenzo 1992”, cominciava a cambiare nome, a cambiare sound e cominciavano in contemporanea, a tramontare le grandi band americane del passato (tutte quelle che ho citato prima). A mio modo di vedere, solo i Bon Jovi riuscirono dopo il ’92 a stare ancora sulla cresta dell’onda (vedi “Always” del 1994), le altre band iniziarono un po’ a subire il peso degli anni e il logorio della vita da rockstar, ma soprattutto a scontrarsi con il fenomeno britpop. Dal canto suo il metal (che per tutti gli anni 80 vide super gruppi entrare nella storia della musica) stava diventando una minaccia sociale per molti opinionisti e iniziò ad uscire dalle classifiche e a essere confinato nell’ascolto di una compagine metallara, forte, ma numericamente sempre più elitaria. Jovanotti invece ebbe la “brillante” idea di celebrare il 500° anniversario della scoperta dell’America con questo album, di parlare di temi sociali che fino a ieri con “Vasco” non erano nemmeno esistenti e di immettere in Italia qualcosa che, in Italia, era ancora sconosciuto, il rap. Parole a profusione, rime più o meno facili, orecchiabilità al massimo. Io avevo 12 anni, un’età difficile, e sono caduto nella trappola e lo confesso, c’ho messo 4 anni a rinsavire del tutto e abiurare quella musica.
Beh, questa è la storia, o meglio l’evoluzione. A parte l’indicente del ’92, il mio rock oggi più che mai, mi serve per vivere. E’ il massimo, la mia musica è la mia vita. La mia chitarra, la mia voce e le chitarre e le voci di chiunque altro faccia del buon rock, mi servono per vivere. Ogni giorno, nella quotidianità, perchè il rock, se ci pensate bene, è quotidianità, è quello che fai adesso, non quello che progetti di fare, è quello che mi serve, è quello che mi fa star bene adesso. “Nel lungo periodo siamo tutti morti.” [cit. J.M.Keynes]
